Medicina Live con Nicola D’Imperio: La stipsi: definizione, presentazione, dimensione del problema”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio..

E’ questo il primo di una serie di articoli che riguarderanno gli aspetti epidemiologici, clinici, diagnostici e terapeutici di uno dei problemi più frequenti della popolazione, in particolare tra donne, anziani e bambini: la stipsi. Nei paesi occidentali la stipsi interessa dal 2 al 28 % della gente sana, è una delle più frequenti cause di visita presso i medici di famiglia, costa, negli USA, circa 7 miliardi di dollari all’anno solo per esami relativi.
Per la maggior parte delle persone è un problema intermittente che richiede minimi interventi terapeutici come quello di correggere alcune abitudini alimentari che, ad esempio, potrebbero riportare una carenza di scorie; per altri il problema può diventare così importante da avere un impatto negativo sulla qualità della vita.
L’individuazione delle cause della stipsi è indispensabile per la soluzione del problema e le terapie sono le più svariate (su queste avremo modo di soffermarci in maniera precisa), ma non sempre sono le più opportune, e consistono in : correzione dello stile di vita, fibre, lassativi osmotici o stimolanti, emollienti, sostanze che rendono più tenere le feci, e, a volte, nei casi più refrattari, clisterio, moderni prodotti isosmotici come i macrogol.
Poiché il problema è così diffuso ritengo che alla popolazione possa essere utile la conoscenza di alcuni aspetti della stipsi che potrebbe condurre, nei casi lievi, anche ad una gestione autonoma da parte del paziente, senza dover ricorrere al medico curante o al gastroenterologo, e, nei casi medio-gravi ad una diagnosi precoce di altre patologie, come quelle neoplastiche.
Innanzitutto cosa si intende per stipsi. Il termine più usato dalla gente per definire la stipsi è lo sforzo nell’evacuazione, altri intendono riferirsi all’aumento della consistenza delle feci, altri ancora si riferiscono alla diminuzione dello stimolo all’evacuazione.
Da un punto di vista medico, comunemente, si prende come riferimento la frequenza settimanale delle evacuazioni e si parla di stipsi quando queste sono da 3 in giù, mentre una frequenza è considerata normale da due volte al giorno sino a una volta ogni due giorni. Ma non è solo la frequenza delle evacuazioni a definire la stipsi, contribuiscono altri criteri, quali la consistenza aumentata delle feci, la sensazione di incompleta evacuazione, la sensazione di blocco a livello ano-rettale, eventuali manovre manuali per favorire l’evacuazione; la presenza didolori, o dolenzia addominale, meteorismo, perdita di muco, saltuari, ma sporadici, episodi diarroici o di feci molli, è spesso indicativa di coesistenza di colon irritabile. Ci sono state ben tre riunioni internazionali di gastroenterologi a Roma, nel 1992, nel 1999 e nel 2006 e fu durante l’ultima che si stabilirono i criteri internazionali definiti di “Roma III” in cui si arrivò a definire la stipsi con la presenza di almeno 2 o più criteri di quelli sopra riportati.
Come detto, nei paesi occidentali, la prevalenza della stipsi varia dal 2 al 28 % della popolazione, e questa forbice così ampia dipende proprio dai criteri che definiscono la stipsi, quelli di “Roma III”, che possono essere applicati solo dai medici specialisti, che li conoscono, ma giocano anche altri fattori quali il sesso, la razza, l’età, lo stato socio-economico, il livello di educazione. Tuttavia anche nella interpretazione più riduttiva, cioè del 2% della popolazione sana, la percentuale deve essere considerata alta.
La stipsi ha un impatto considerevole anche in termini di salute pubblica. Negli USA la stipsi è la causa di più di 2,5 milioni di visite mediche, di 92.000 ricoveri e di centinaia di milioni di dollari che vengono spesi in lassativi; il solo costo degli esami richiesti per verificare la causa della stipsi è di 7 miliardi di dollari; nei centri di gastroenterologia, per ogni paziente affetto da stipsi si spendono in media 2.252 euro, di cui il costo più alto è quello relativo alla colonscopia, spesso necessaria nei casi medio-gravi. In un report canadese il 34 % dei pazienti con stipsi si è rivolto almeno una volta ad un medico; in un vecchio studio statunitense, durato però 30 anni, dal 1958 al 1986, il paziente stitico nel 31% dei casi fu gestito dal medico di famiglia, nel 20% dall’internista, nel 15 % dal pediatra, nell’9% dal chirurgo, nel 9% dal ginecologo e solo nel 4% dal gastroenterologo. Negli ultimi anni la percentuale dei pazienti con stipsi che si rivolge al gastroenterologo, sta aumentando e, ovviamente si tratta solo di casi di stipsi medio-grave, con un miglioramento sensibile della gestione diagnostico-terapeutica sia in termini di risultati che di spesa.
In questo articolo ho voluto solamente dare un inquadramento sulla presentazione, la definizione e la dimensione del problema, nei prossimi tratterò i fattori di rischio, gli aspetti clinici, i test diagnostici e la terapia.

Fonte: SassiLive

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